Sull’erba verde

Dopo l’Epifania, la grande manifestazione, la liturgia ce ne propone altre. Sull’erba verde è il luogo dove Marco indica avvenne la moltiplicazione dei pani. Di questo brano mi impressionano le continue sottolineature dell’evangelista rispetto alla solitudine del luogo: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». […] Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. […] «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi».

Tutti sanno che Marco è scarno ed essenziale nel suo vangelo, quindi se è solitamente così sobrio, così rapido nel tratteggiare i vari episodi, e qui invece s’attarda a descrivere l’aspetto desertico del luogo cercato da Gesù e dai suoi, significa che il particolare ha una valenza simbolica.

Comunque con Gesù presente, la solitudine dei dodici dura ben poco. Una grande folla infatti si raggruppa rapidamente attorno ai dodici e al loro maestro a tal punto da suscitare in Gesù profonda commozione.

È il tema della compassione per questo gregge senza pastore che provoca il miracolo del pane. Il gregge, il deserto, la compassione divina, temi che rimandano all’esperienza dell’Esodo, luogo della prova e dell’innamoramento, luogo dove il popolo stipulò l’alleanza con il suo creatore ricevendo la Toràh.

Anche le dodici ceste di pane avanzato indicano quanto la realtà del miracolo abbia superato le attese raggiungendo non solo i presenti, ma Israele nella sua interezza, significato nel numero dodici. Insomma Gesù non sta nutrendo solo quella folla, si è incarnato per sfamare tutto Israele, anzi il nuovo Israele. Si conferma così anche ciò che tramanda la tradizione rabbinica: “Dio ha dato la Torah a Israele nel deserto e non nel suo paese, per proclamare così che essa appartiene a tutte le nazioni. chiunque lo desidera può appropriarsene” (Mekiltà a Esodo 10, 1).

E poi quel particolare dell’erba che colora la scena già molto ricca. La folla sedette a gruppi ordinati sull’erba verde. Mi pare che un’annotazione così particolare sia segno della narrazione di un testimone oculare che ha fissato nella memoria l’immagine di una folla disseminata sopra un vasto prato. La sottolineatura però non è casuale ma registrata da Marco proprio perché evoca quei pascoli verdeggianti a cui guida il Dio pastore, cantati nel salmo 23, e contrasta con la menzione iniziale del luogo solitario la quale evocava invece l’esperienza del deserto. Anche la disposizione ordinata a gruppi di 50 rimanda all’esperienza della liberazione come è scritto in Dt 1, 15 e si oppone alla prima immagine che Gesù ebbe di quella stessa folla: pecore senza pastore. Gesù è venuto per radunare quanti erano dispersi: attorno alla sua Parola, attorno al suo Corpo si raduna un nuovo popolo e quanti vagano nel deserto e nell’ombra di morte trovano ristoro e vita.

Che bello perciò questo collegamento fra il Natale appena celebrato e la Pasqua verso cui camminiamo.