Gesù era consapevole che fra quelli che andavano a seguirlo c’erano persone che ascoltavano e altri solo curiosi, oppure che non volevano sentirlo. Perché qui Gesù specifica: “A voi che ascoltate”. E a loro rivolge 17 imperativi! Dei veri e propri comandi. Io sono abbastanza superstizioso e il 17 è un numero che non mi piace. In realtà a livello gematrico, nella Bibbia, esso ha un valore tale da ricordare la parola tov: bello, buono…è come se questi 17 imperativi, se obbediti, ci facciano un gran regalo, una cosa molto buona: ci restituiscono la nostra identità, la nostra bellezza originaria, come dovremmo essere nella mente di Dio.
E questi imperativi sono in realtà degli indicativi poiché descrivono chi è Gesù, il Figlio.
E sono al presente. Era abbastanza raro usarli così, e hanno un significato preciso. Dice continuità. Per esempio: “siccome sempre giudichiamo, incominciamo a smettere di giudicare”. Quando giudichiamo; noi passiamo la persona al setaccio: la farina buona passa ma non ci fermiamo alla crusca. Ecco, uno che giudica fa molti peccati insieme ma il primo e il più grave è che ruba il mestiere a Dio, che è l’unico giudice! E poi Dio giudica con un’unica misura: la sua croce. Noi misuriamo con la cattiveria, la malizia e l’egoismo. E il giudizio di Dio è che l’uomo è così buono che vale la pena che Dio muoia in Croce per lui. Questa è la sua misura. A noi semmai capita qualcosa di corrispondente: nella misura in cui diamo, riceviamo (anche se non sempre!). Nel suo caso noi torniamo a ricevere la nostra identità di figli uguali al Padre.
Ed è cosciente l’evangelista Luca di questa proposta che sconvolge i nostri modi: se siamo giusti infatti, bisogna condannare i cattivi, per forza, mica assolverli! Salvo poi, invece andiamo a confessarci noi, pretendiamo che ci assolvano.
C’è un’altra via. C’è un’altra misura.